L’operazione del 2017 della DDA di Reggio Calabria denominata ‘Ndrangheta Stragista rivelò il coinvolgimento della ‘Ndrangheta nelle operazioni stragiste degli anni ’90, in precedenza attribuite alla sola Cosa Nostra siciliana. Per due mesi, dicono gli inquirenti – tra il dicembre 1993 e il gennaio 1994 – alcune famiglie della Piana di Gioia Tauro avrebbero accettato di partecipare alle azioni stragiste pianificate dai siciliani.
Il primo attentato di questa strategia sarebbe stato quello di Saracinello – il 2 dicembre 1993 – ai danni di due Carabinieri, l’appuntato Silvio Ricciardi e il carabiniere Vincenzo Pasqua, che si salvarono per miracolo. Il secondo agguato sarebbe risultato ben più grave. Il 18 gennaio 1994, lungo l’autostrada A3 all’altezza dello svincolo per Scilla, l’auto dei Carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, affiancata da un’altra auto, fu bersagliata da raffiche di mitragliatrice M12, che uccisero entrambi i militari. Un mese dopo ci fu un terzo attentato, sempre contro Carabinieri e sempre nei pressi di Saracinello, che lasciò Bartolomeo Musicò e Salvatore Serra gravemente feriti.
L’operazione ‘Ndrangheta Stragista’ ha individuato i responsabili degli attentati, portando all’arresto e alla condanna definitiva di Rocco Santo Filippone, capo del mandamento tirrenico in quegli anni, e di Giuseppe Graviano, boss di Brancaccio.
Secondo le risultanze del processo che ha avuto luogo a Reggio Calabria, la fase stragista alla quale avrebbero partecipato anche i calabresi fu pianificata da elementi di Cosa Nostra insieme ad esponenti della ‘Ndrangheta durante delle riunioni nell’autunno del 1993 in tre diverse località: una in provincia di Vibo Valentia, una a Melicucco e una a Oppido Mamertina. Dopo le azioni terroristiche venne poi organizzata una riunione di elementi apicali di ‘Ndrangheta nel santuario della Madonna di Polsi, sull’Aspromonte, dove si decise di interrompere le azioni stragiste.
A giugno 2017 venne consegnato al procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo il memoriale di Nino lo Giudice, in cui egli confermò che l’accordo stragista tra le cosche della città di Reggio Calabria e i siciliani avvenne nella casa di Demetrio Filippone, figlio di Rocco, a Oppido Mamertina. Come rappresentante delle famiglie di Reggio Calabria (in particolare i Tegano, Condello, Latella, Ficara, Serraino e Imerti) ci sarebbe stato Giuseppe De Stefano, mentre i siciliani sarebbero stati rappresentati dai fratelli Giuseppe e Filippo Graviano.
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