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L’omicidio Di Vittorio Occorsio

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Vittorio Occorsio fu uno dei magistrati più coraggiosi e determinati dell’Italia degli anni ’70, un periodo segnato dalla violenza politica, dal terrorismo e dalle trame oscure che intrecciavano mafia, massoneria e criminalità organizzata. La sua carriera fu dedicata alla lotta contro il terrorismo nero, l’estremismo neofascista e i legami tra questi movimenti e poteri deviati dello Stato. Fu proprio questo impegno che lo portò a essere assassinato la mattina del 10 luglio 1976, mentre si recava al lavoro a Roma.

Occorsio nacque nel 1929 e dopo aver frequentato il liceo classico Giulio Cesare di Roma si laureò in giurisprudenza, intraprendendo una carriera che lo vide impegnato in alcune delle inchieste più delicate e complesse del periodo. Uno dei suoi primi casi di grande rilievo fu quello relativo alla strage di Piazza Fontana, avvenuta il 12 dicembre 1969, un attentato terroristico che segnò profondamente la storia dell’Italia. In qualità di sostituto procuratore, Occorsio fu incaricato di interrogare Pietro Valpreda, anarchico accusato ingiustamente dell’attentato, contestandogli l’omicidio di quattordici persone e il ferimento di altre ottanta. Valpreda non apparteneva all’estremismo di destra, ma al movimento anarchico, e fu successivamente scagionato dalle accuse. Questo episodio rappresenta un momento cruciale della carriera di Occorsio, poiché dimostrò fin da subito la sua capacità di muoversi in contesti giudiziari estremamente complessi e delicati.

Negli anni successivi, Occorsio si occupò di uno dei processi più importanti della storia italiana: il procedimento contro i dirigenti del movimento neofascista Ordine Nuovo. Nel 1973, il magistrato invocò l’applicazione della Legge Scelba, che vietava la ricostituzione di partiti di ispirazione fascista, chiedendo la messa al bando di Ordine Nuovo e la condanna dei suoi esponenti di spicco, tra cui Clemente Graziani, Mario Tedeschi, Elio Massagrande e Leone Mazzeo. In quella storica occasione, Occorsio dichiarò: “Chiediamo al tribunale di dire al popolo italiano se Ordine Nuovo deve essere messo fuori legge e se gli imputati devono essere condannati”. La sentenza risultò in condanne pesanti, e molti leader del movimento scelsero la latitanza all’estero, tra cui lo stesso Graziani. Questo processo rese Occorsio un bersaglio per i gruppi neofascisti, che da quel momento pianificarono la sua eliminazione.

Parallelamente, il magistrato avviò indagini sui rapporti tra terrorismo neofascista, massoneria e settori deviati dei servizi segreti. Nel 1976, poco prima della sua morte, Vittorio Occorsio stava investigando su un tema scottante: la loggia massonica segreta P2, guidata da Licio Gelli, e le sue connessioni con il terrorismo nero e la mafia. Il magistrato era convinto che dietro molti sequestri di persona vi fossero organizzazioni massoniche deviate e figure politiche di rilievo. Tra i sequestri sotto inchiesta vi erano quelli di Alfredo Danesi, Amedeo Ortolani, Fabrizio Andreuzzi e Claudio Francisci, con collegamenti che si estendevano anche alla criminalità organizzata, come la Banda dei Marsigliesi, dedita ai rapimenti per estorsione.

Occorsio espresse chiaramente le sue preoccupazioni in una confidenza al collega e amico Ferdinando Imposimato, dichiarando: “Sono certo che dietro i sequestri ci siano delle organizzazioni massoniche deviate e naturalmente esponenti del mondo politico. Tutto questo rientra nella strategia della tensione: seminare il terrore tra gli italiani per spingerli a chiedere un governo forte, capace di ristabilire l’ordine”.

Le sue indagini lo portarono a interrogare Licio Gelli pochi giorni prima del suo omicidio. Per ragioni mai spiegate, poco prima dell’interrogatorio, fu tolta la scorta al magistrato, nonostante il pericolo che correva fosse noto. Il 10 luglio 1976, mentre si recava al lavoro con la sua Fiat 125 Special, Occorsio venne freddato da Pierluigi Concutelli, leader di Ordine Nuovo, con trentadue colpi di mitra, a pochi passi da casa sua, all’incrocio tra via Mogadiscio e via Giuba, nel quartiere Trieste di Roma. Il magistrato, che avrebbe dovuto partire per le ferie tre giorni dopo, attendeva il rientro del collega Imposimato prima di andare in vacanza. Dopo aver compiuto l’omicidio, Concutelli e i suoi complici rubarono la borsa di Occorsio, che conteneva documenti cruciali sulle sue indagini, tra cui un fascicolo sui sequestri di persona.

Secondo quanto rivelato dal giornalista Franco Scottoni, nella borsa del magistrato c’era anche un documento che svelava l’acquisto da parte dell’Organizzazione Mondiale per l’Assistenza Massonica (Ompam) di un edificio a Roma per otto milioni di dollari, una somma equivalente a quella pagata per i riscatti dei rapimenti per cui era stato arrestato Albert Bergamelli, un noto membro della Banda dei Marsigliesi. Questo elemento rafforza l’ipotesi che dietro l’omicidio di Occorsio ci fossero non solo motivazioni legate alla vendetta dell’estrema destra, ma anche l’intreccio di interessi tra mafia, massoneria e terrorismo.

Tre mesi dopo l’omicidio di Occorsio, fu ucciso anche Nicola D’Agostino, un boss della ‘ndrangheta che era stato una delle fonti del magistrato. D’Agostino venne assassinato per ordine di Antonio Nirta, capo della potente famiglia di San Luca. La morte del boss calabrese è collegata al flusso di denaro derivante dai sequestri, destinato a finanziare azioni eversive e omicidi politici. D’Agostino aveva fornito informazioni a Occorsio su come il denaro dei riscatti fosse stato inviato in Calabria per essere utilizzato in attività criminali e per sostenere le operazioni terroristiche della destra eversiva.

La rivendicazione dell’omicidio di Vittorio Occorsio da parte di Ordine Nuovo fu chiara: il magistrato veniva accusato di aver “perseguitato i militanti di Ordine Nuovo e le idee di cui essi erano portatori”, nell’ambito di un presunto “opportunismo carrieristico”. Tuttavia, gli interessi toccati dalle indagini del magistrato andavano ben oltre l’eversione neofascista. Come dimostrano le sue inchieste sulla P2 e sui legami tra mafia e terrorismo, l’omicidio di Occorsio potrebbe essere stato il risultato di una cospirazione più ampia, che coinvolgeva poteri occulti e organizzazioni criminali.

Nel processo che seguì, Pierluigi Concutelli e il suo complice Gianfranco Ferro furono condannati all’ergastolo come esecutori materiali dell’omicidio, mentre altri imputati, considerati i mandanti, non furono mai individuati. Concutelli, che nel corso degli anni ha ottenuto la detenzione domiciliare per motivi di salute, era iscritto alla loggia massonica Camea di Palermo, la stessa alla quale appartenevano diversi esponenti del mondo criminale e massonico, tra cui Michele Sindona, coinvolto in numerosi scandali finanziari e nel riciclaggio di denaro sporco.

Il delitto di Occorsio rappresenta uno degli episodi più oscuri della storia italiana, dove la vendetta politica, le connessioni mafiose e la rete di poteri occulti si intrecciarono in un quadro complesso e inquietante. Il magistrato, con la sua instancabile ricerca della verità, pagò con la vita il coraggio di sfidare questi poteri.

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Vittorio Occorsio

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