Il 5 agosto 1989, Antonino Agostino e sua moglie Ida Castelluccio vennero brutalmente assassinati davanti alla villetta dei genitori di lui a Villagrazia di Carini, in provincia di Palermo. I due killer, arrivati in motocicletta, aprirono il fuoco mentre Agostino tentava di proteggere la moglie incinta. “Io vi conosco”, gridò Ida prima di essere colpita a morte.
Nonostante la chiara matrice mafiosa dell’attentato, la squadra mobile di Palermo seguì per mesi la pista passionale, probabilmente a causa di depistaggi interni. Nessun movente, nessun esecutore, nessun mandante fu identificato nei primi anni. Ma di recente la verità aveva cominciato a emergere.
Il ruolo di Antonino Agostino e i depistaggi
Antonino Agostino, poliziotto in servizio presso il commissariato di San Lorenzo a Palermo, non si occupava solo di controlli di routine: collaborava con Giovanni Falcone in indagini sui delitti politici e sulla rete di protezione dei latitanti di Cosa nostra. Si ipotizza che abbia avuto un ruolo fondamentale nello sventare il fallito attentato all’Addaura contro il giudice, nel giugno del 1989. “Quest’omicidio è stato fatto contro di me”, avrebbe detto Falcone al funerale di Agostino.
Dopo il delitto, l’indagine venne caratterizzata da una lunga serie di depistaggi. Inizialmente, si provò a far passare l’omicidio come un delitto passionale, con l’intento di allontanare ogni legame con l’attività investigativa di Agostino. Documenti scomparsi, testimoni intimiditi e piste investigative deviate hanno contribuito a rallentare la ricerca della verità.
Il padre del poliziotto, Vincenzo Agostino, ha dedicato il resto della sua vita a cercare giustizia. Non si è più tagliato la barba fino alla sua morte, nell’aprile 2024, convinto che dietro l’omicidio ci fosse un intreccio tra mafia e servizi deviati. Poco prima dell’omicidio del figlio e di sua moglie, Vincenzo aveva incontrato due uomini che si erano presentati come “colleghi” di Antonino. Nel 2016, durante un confronto all’americana, riconobbe Giovanni Aiello, alias “Faccia da mostro”, ex poliziotto legato a operazioni oscure, come uno di quegli uomini. Aiello, sospettato di essere coinvolto in numerosi delitti eccellenti, è morto d’infarto nel 2017, portando con sé molti segreti.
Il processo e la condanna di Antonino Madonia
Una svolta nelle indagini è arrivata nel 2015, quando la procura generale di Palermo ha avocato l’indagine. Il processo di primo grado, celebrato con rito abbreviato, ha condannato all’ergastolo il boss Antonino Madonia, ritenuto il mandante del delitto. Madonia, capo del mandamento di Resuttana e uomo di fiducia dei vertici di Cosa nostra, è stato a lungo l’anello di congiunzione tra la mafia e settori deviati dei servizi segreti. Il suo nome è emerso in numerosi delitti eccellenti, tra cui l’omicidio di Piersanti Mattarella, il generale Dalla Chiesa e l’attentato a Falcone.
Il 7 ottobre 2024, la Corte d’Assise di Palermo ha inflitto la stessa pena a Gaetano Scotto, mentre Francesco Paolo Rizzuto è stato assolto dall’accusa di favoreggiamento. Scotto, considerato vicino ai servizi deviati, è stato collegato a numerose operazioni mafiose coperte da apparati statali corrotti.
Il 14 gennaio 2025, la procura generale della Cassazione ha chiesto di confermare la condanna di Madonia, sottolineando come le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, tra cui Vito Galatolo, Giovanni Brusca e Oreste Pagano, costituissero un solido impianto probatorio. L’avvocato di parte civile, Fabio Repici, ha evidenziato il legame tra l’omicidio Agostino e il fallito attentato all’Addaura, ricordando che Falcone parlò di “menti raffinatissime” capaci di orchestrare certe azioni di Cosa nostra.
La sentenza della Cassazione
Ma il 30 gennaio 2025, la Prima Sezione Penale della Suprema Corte si è espressa, annullando la condanna all’ergastolo per Madonia, con rinvio a un nuovo processo d’Appello. Per il delitto di Ida Castelluccio, invece, la sentenza è stata addirittura annullata senza rinvio a causa della prescrizione di un delitto che, secondo la Suprema Corte, non era premeditato.
“Per fortuna Vincenzo e Augusta non hanno ascoltato questa sentenza”, ha dichiarato l’avvocato Repici, riferendosi ai genitori di Agostino, entrambi ormai deceduti. “Non abbiamo avuto giustizia e dobbiamo rifare il processo in Appello. Loro quattro non hanno pace neanche da morti. La nostra famiglia non ha pace da 35 anni. Noi continuiamo, come sempre, lottiamo contro tutti, mafia e istituzioni deviate fino a quando non ci daranno verità e giustizia”, ha scritto sui social Nino Morana, nipote del poliziotto assassinato.
Il peso della memoria
La vicenda di Antonino Agostino e Ida Castelluccio è emblematica di una stagione di stragi e delitti che hanno segnato la storia italiana. Il lungo iter giudiziario, i depistaggi e i tentativi di insabbiare la verità testimoniano quanto sia difficile scardinare i rapporti tra mafia e apparati deviati dello Stato. Ma la battaglia per la verità e la giustizia, portata avanti dalla famiglia Agostino e da chi crede nella memoria, non si ferma.
Quello di Nino e Ida non è solo un cold case: è il ritratto di un’Italia in cui mafia e settori dello Stato hanno spesso remato nella stessa direzione. Come scrisse Roberto Scarpinato, ex procuratore di Palermo: “Qui non si uccise un poliziotto, ma la speranza di verità”. Con la Cassazione che rimanda la sentenza, quella speranza sembra ancora più lontana.