Il 27 gennaio, 1976, la scorta del segretario del MSI Giorgio Almirante, che stava transitando sulla statale nei pressi di Alcamo verso le sette del mattino, fece una strana deviazione – per fare una telefonata, dissero loro – recandosi presso la caserma dei Carabinieri denominata ‘Alkamar’, ad Alcamo Marina, dove si accorsero che la porta dell’edificio era stata aperta con una fiamma ossidrica. Decisero inspiegabilmente di non entrare, avvisando invece il comando della misteriosa circostanza.
Quando le autorità si decisero a verificare cosa fosse successo, scoprirono che la notte precedente qualcuno aveva fatto irruzione nella piccola caserma in provincia di Trapani. I due giovani Carabinieri che vi prestavano servizio, Carmine Apuzzo (19 anni) e Salvatore Falcetta (35), non avevano avuto nemmeno il tempo di impugnare le armi; erano stati freddati da diversi colpi di arma da fuoco nei letti dove stavano dormendo. Uno strano atto di violenza apparentemente gratuita, visto che i due non erano titolari di indagini sulla mafia o su altri fatti gravi.
Ancora più anomalo fu quello che successe in seguito. Arrivò da Palermo una squadra di Carabinieri capitanati dal Tenente Colonnello Giuseppe Russo. Gli uomini di Russo arrestarono dei giovani ragazzi del luogo e li torturarono per spingerli ad ammettere la propria colpevolezza, non svolgendo alcun reale ed approfondito accertamento sul movente o sulla dinamica degli omicidi. Russo verrà ucciso l’anno successivo nei pressi del bosco della Ficuzza a Palermo. I giovani capri espiatori della strage di Alcamo Marina sono stati scagionati a seguito delle rivelazioni di Pietro Olino, che nel frattempo aveva lasciato l’arma. “Gli arrestati venivano bloccati braccia e gambe, imbuto in bocca e giù acqua e sale, ogni tanto qualche scarica di elettricità”, disse Olino ai magistrati nel 2008.
Purtroppo i giovani capri espiatori del duplice omicidio erano stati condannati anni prima mentre i veri assassini facevano perdere per sempre le proprie tracce.