Operazione Tirreno

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L’operazione “Tirreno” ha segnato una svolta significativa nella lotta contro la ‘ndrangheta, individuando i responsabili di 37 omicidi avvenuti dal 1988 al 1993 nella piana di Gioia Tauro e svelando un traffico nazionale e internazionale di cocaina. L’operazione portò a 26 arresti nell’immediato, ma molti altri ‘ndranghetisti riuscirono a sfuggire agli ordini di custodia cautelare.

Tra gli arrestati spiccavano i nomi dei fratelli Antonio e Gioacchino Piromalli, nipoti del famigerato “don Mommo” e figli di Antonino Piromalli, assassinato nel 1956. I due erano considerati gli eredi naturali della famiglia, sebbene don Peppino Piromalli, all’epoca incarcerato a Palmi, continuasse a esercitare la sua autorità da dietro le sbarre. L’operazione rivelò anche i legami tra le famiglie mafiose della zona tirrenica della Calabria, dominata dai Piromalli ma comprendente anche i Molè, gli Stillitano, i Pesce di Rosarno e le cosche di Taurianova, oltre ai Mancuso di Limbadi.

L’operazione fornì per la prima volta un quadro chiaro delle organizzazioni criminali della provincia, sulla quale i Piromalli avevano mantenuto il dominio attraverso omicidi preventivi contro chiunque interferisse, compresi piccoli gruppi criminali. Tra i 37 delitti scoperti, vi erano tre stragi familiari: i fratelli Giuliano, i fratelli Versace di Polistena e quasi tutta la famiglia Priolo di Gioia Tauro.

Il cartello criminale della zona tirrenica era da sempre un potente anello economico della mafia calabrese, coinvolto in violenze e alleanze strategiche, come quella con i Mancuso per gli appalti del quinto centro siderurgico di Gioia Tauro.

L’operazione “Tirreno” rappresentò solo il primo passo di una più vasta offensiva contro i Piromalli, che puntò a svelare anche i rapporti con il mondo politico, istituzionale e imprenditoriale, in particolare riguardo agli appalti del mega-porto e della centrale termoelettrica dell’Enel, su cui stava indagando la procura di Palmi.

Don Mommo Piromalli
Don Mommo Piromalli

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