Il processo Aemilia è il maxi-processo che ha svelato dinamiche, relazioni e affari della ‘Ndrangheta in Emilia Romagna. Le condanne hanno sancito l’esistenza di un’associazione ‘ndranghetistica al Nord che la Direzione distrettuale Antimafia di Bologna considera operante almeno dal 2004. Si tratta di un sodalizio ritenuto legato alla cosca Grande Aracri di Cutro (Crotone), comandata da Nicolino Grande Aracri (ora in carcere per due omicidi commessi nel 1992), con epicentro a Reggio Emilia.
Secondo gli inquirenti, l’obiettivo degli ‘ndranghetisti era quello di “acquisire direttamente o indirettamente la gestione e il controllo di attività economiche”, anche nei lavori successivi al sisma del 2012, oltre che ottenere “appalti pubblici e privati” e “ostacolare il libero esercizio del voto”, nel caso delle elezioni dal 2007 al 2012 nelle province di Parma e Reggio Emilia.
Tra gli imputati, anche imprenditori, esponenti delle forze dell’ordine e della politica. A costituirsi parte civile, oltre allo Stato, anche i sindacati, associazioni, ordine dei giornalisti dell’Emilia Romagna (ci sono cronisti vittime di intimidazioni) e numerosi enti locali.
L’epilogo del processo, arrivato a sette anni dall’avvio dell’operazione, è stata una sentenza di Cassazione che ha confermato circa 700 anni di reclusione per i 75 condannati. Tra questi spicca il nome di Michele Bolognino, condannato a 20 anni e 10 mesi, l’unico dei boss sotto accusa a non avere scelto il rito abbreviato. Bolognino controllava i territori di Parma e Reggio Emilia per conto della ‘ndrina locale, continuando a lavorare per l’organizzazione anche dopo l’arresto avvenuto nel 2015.
Poi ci sono i fratelli Palmo e Giuseppe Vertinelli, condannati rispettivamente a 17 anni e 4 mesi e a 16 anni e 4 mesi. I due erano imprenditori al servizio della cosca con il fine di agevolare l’espansione del sodalizio criminale nell’economia emiliana. Tra gli organizzatori del clan c’è anche Gaetano Blasco, condannato a 21 anni e 11 mesi e Giuseppe Iaquinta, padre dell’ex calciatore Vincenzo, condannato a 13 anni per associazione mafiosa.
La ‘Ndrangheta in Emilia si era inserita a tutti i livelli, tanto che dalle carte emergono inquietanti contatti tra questa e politici sia della maggioranza di allora – come Graziano del Rio del PD – che dell’opposizione – vedi Forza Italia e Pdl. Il ‘terzo livello’, come al solito, non è stato provato in sede di giudizio e i politici coinvolti – a causa di una svista, di una sottovalutazione del fenomeno o di una disattenzione che, si sa, non costituisce reato – sono liberi di continuare a fare politica e gestire la cosa pubblica.
Altrettanto inquietante è la figura del capobastone dei Cutro, quel Nicolino Grande Aracri che fu oggetto di un’attentato nel 1982 da parte nientedimeno che di Paolo Bellini, terrorista ed ex membro di Avanguardia Nazionale, condannato per la strage del 1980 alla stazione di Bologna.