L’omicidio Di Pio La Torre

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Pio La Torre (Palermo, 24 dicembre 1927 – Palermo, 30 aprile 1982) è stato un politico e sindacalista italiano. Alle 9:20 del 30 aprile 1982 La Torre si trovava in auto con l’attivista Rosario Di Salvo, che gli faceva da scorta, quando i due vennero raggiunti da una moto di grossa cilindrata che aprì il fuoco contro la loro autovettura. La Torre rimase immediatamente ucciso mentre Di Salvo, gravemente ferito, riuscì ad impugnare l’arma e rispondere al fuoco prima di spirare.

Pio La Torre nacque a Baida, una frazione di Palermo, da una famiglia di umili origini contadine. Sin da giovane, si interessò alla lotta per i diritti dei braccianti, prima nella Federterra, poi nella CGIL, diventandone segretario provinciale nel 1952. Il suo ruolo lo indusse a trasferirsi a Palermo, dove si candidò al consiglio comunale, venendo eletto. Nel 1959 divenne segretario regionale della CGIL e l’anno successivo entrò nel comitato centrale del PCI, diventandone segretario regionale nel 1962. L’anno successivo divenne deputato regionale – sempre nelle file del PCI – e di nuovo nel 1967. Due anni dopo, La Torre si trasferì a Roma per assumere la direzione della Commissione Agraria e poi di quella Meridionale. Fu allora che Enrico Berlinguer lo volle nella segreteria nazionale del partito.

Nel 1972 La Torre veniva eletto deputato alla Camera nel collegio Sicilia occidentale, occupandosi prevalentemente di agricoltura. Eletto nuovamente nel 1976, si trovò a redigere la relazione di minoranza della Commissione Parlamentare Antimafia insieme a Cesare Terranova, magistrato che si era prestato brevemente al ruolo di politico sempre nelle file del PCI – e che fu poi ucciso da Cosa Nostra. Nella relazione, i due accusavano diversi politici della DC di fare affari con Cosa Nostra. Tra questi vi erano i nomi di Giovanni Gioia, Vito Ciancimino e Salvo Lima.

Eletto nuovamente alla Camera nel 1979, La Torre fece parte della Commissione Difesa, dove si schierò contro la costruzione della base NATO di Comiso, raccogliendo un milione di firme. Ma trovò anche il tempo di occuparsi di speculazione edilizia, la piaga che più di tutte affligeva la sua terra.

Nel 1980 presentò alla Camera un disegno di legge che introduceva il reato di associazione di tipo mafioso e la possibilità di aggredire i patrimoni dell’organizzazione criminale ma il parlamento italiano fece finta di niente e non la votò. Fu solo nel settembre del 1982, cinque mesi dopo la morte di Pio, che il parlamento fu costretto a furor di popola ad approvare la sua proposta, che divenne legge con il nome di “Rognoni – La Torre”.

Fu Tommaso Buscetta nel 1984 ad indicare i componenti della “cupola” come mandanti dell’omicidio di La Torre. Inizialmente il suo omicidio conflui nell’istruttoria del maxi-processo di Palermo ma poi, per volere dei magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, venne stralciato. Dice l’ordinanza-sentenza di rinvio a giudizio:

Qui si parla di omicidi politici, di omicidi, cioè, in cui si è realizzata una singolare convergenza di interessi mafiosi ed oscuri interessi attinenti alla gestione della cosa pubblica; fatti che non possono non presupporre tutto un retroterra di segreti e di inquietanti collegamenti che vanno ben al di là della mera contiguità e che debbono essere individuati e colpiti se si vuole veramente ‘voltare pagina‘”.

Pio La Torre fu anche uno dei fautori – fronte PCI – del compromesso storico tentato al livello nazionale da Aldo Moro (sequestrato e ucciso dalle Brigate Rosse nel 1978), al livello provinciale da Michele Reina (ucciso nel 1976) e a quello regionale da Piersanti Mattarella (ucciso nel 1980).

Pio La Torre
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