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La Strage Alla Questura Di Milano

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Il 17 maggio 1973, alle ore 11:00 del mattino, in via Fatebenefratelli davanti alla Questura di Milano, si stava svolgendo una cerimonia in memoria del commissario Luigi Calabresi, ucciso un anno prima. Dopo che il Ministro dell’interno, Mariano Rumor, aveva scoperto il busto dedicato al funzionario ed era andato via in auto, un grosso ordigno esplose in mezzo alla folla ancora riunita per la commemorazione. L’effetto della deflagrazione fu devastante: quattro persone persero la vita (Felicia Bartolozzi, 60 anni; Gabriella Bortolon, 23; Federico Masarin, 30; Giuseppe Panzino, 63) e altre 52 rimasero ferite. Solo successivamente si scoprì che lo scoppio era stato causato da una bomba a mano.

Il Processo: L’Anarchico Isolato

L’attentatore, Gianfranco Bertoli, venne immediatamente immobilizzato ed arrestato. Bertoli si definì un anarchico «stirneriano» e dichiarò più volte che il vero scopo del suo attentato era l’eliminazione del ministro Rumor, la cui uccisione avrebbe vendicato gli anarchici perseguitati. Tuttavia, l’affermazione di Bertoli lasciò perplessi: l’ordigno era stato lanciato tra la folla e non quando il Ministro era ancora presente alla commemorazione. Al momento del passaggio dell’auto ministeriale, Bertoli era al bar.

Il 1º marzo 1975, il processo presso la Corte d’assise di Milano si concluse con la condanna di Bertoli all’ergastolo, sentenza poi confermata in appello e in Cassazione. Gli anarchici condannarono il suo gesto e, col tempo, anche Bertoli ammise che era stato un errore. Dal carcere, riallacciò i rapporti con gli anarchici e collaborò con la rivista A/Rivista Anarchica, contribuendo con molti articoli apprezzati dagli anarchici.

Il Secondo Processo

Sin dall’inizio, si sospettò che il massacro non fosse opera di un solo individuo. Con il tempo, emersero forti sospetti di un intervento dei servizi segreti, sotto la direzione di Vito Miceli, filogolpista, e di gruppi di estrema destra. La tesi sostenuta dalla seconda istruttoria, condotta da Antonio Lombardi, e dal rinvio a giudizio disposto dal giudice istruttore Guido Salvini, confermati dalle testimonianze di Vincenzo Vinciguerra, era che Bertoli fosse stato armato di una bomba da Sergio Minetto, una spia dell’estrema destra della rete informativa del Comando FTASE, spinto dai servizi segreti. L’ordigno era una granata di produzione israeliana che Bertoli affermò di aver ricevuto durante un soggiorno in un kibbutz l’anno precedente.

L’obiettivo dell’attentato sarebbe stato proprio Mariano Rumor: nel movimento ordinovista, il rancore nei confronti di Rumor era tale che si era studiato come assassinarlo fin dal 1970. «Bisogna spazzare via Rumor» affermò Carlo Maria Maggi, responsabile di Ordine Nuovo del Triveneto, con Carlo Digilio e Maurizio Tramonte. Maggi e Marcello Soffiati proposero tre volte, dal 1971 al 1972, a Vincenzo Vinciguerra di uccidere Rumor nella sua abitazione di Vicenza. Dopo le bombe del 12 dicembre 1969, Rumor avrebbe dovuto dichiarare lo stato d’assedio, aprendo la strada a un governo militare sostenuto dall’estrema destra, ma i 16 morti di Piazza Fontana avevano scosso l’opinione pubblica, portando Rumor a non dichiarare lo stato d’assedio.

Negli anni novanta, nuove indagini condotte dal pm Antonio Lombardi portarono al rinvio a giudizio di ex militanti di Ordine Nuovo e di ex ufficiali dei servizi segreti. L’11 marzo 2000, Boffelli, Maggi, Neami e Spiazzi furono condannati all’ergastolo; Carlo Digilio ottenne la prescrizione dopo essere diventato un collaboratore di giustizia mentre Maletti fu condannato a 15 anni. Tuttavia, durante il processo di appello, la teoria dell’anarchico isolato riprese piede, con le condanne cancellate e Maletti assolto. La Cassazione annullò le assoluzioni di Boffelli, Maggi e Neami, ordinando un nuovo processo, mentre le assoluzioni di Spiazzi e Maletti divennero definitive.

Il 1º dicembre 2004, la Corte d’appello di Milano assolse nuovamente Neami e Maggi, sentenza confermata dalla Cassazione il 13 ottobre 2005. Secondo i giudici, il movimento neofascista Ordine Nuovo aveva organizzato la strage, ma mancavano prove sufficienti per condannare Maggi e Neami.

Bertoli e i Servizi Segreti

Nel 2002, il generale Nicolò Pollari, ex direttore del SISMI, confermò che Bertoli era stato un informatore del SIFAR prima e del SID in seguito. Pollari spiegò che un fascicolo su Bertoli, datato 1966, era probabilmente stato aperto dopo la strage alla Questura nel 1973, con la data riferita alle norme di archiviazione.

Gianfranco Bertoli
Gianfranco Bertoli

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