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Il Summit Di Montalto: La ‘ndrangheta, La Politica E Il Terrorismo

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Il summit di Montalto, avvenuto il 26 ottobre 1969 in contrada Serro Juncari, nel cuore dell’Aspromonte in provincia di Reggio Calabria, rappresenta uno degli incontri più significativi e drammatici nella storia della ‘ndrangheta. Questo vertice, che ha visto la partecipazione di numerosi esponenti delle cosche calabresi e di personalità legate all’estremismo politico di destra, non solo delineò nuove alleanze mafiose, ma fu anche il punto di partenza per una serie di strategie che avrebbero coinvolto non solo la criminalità organizzata, ma anche la politica e i servizi segreti deviati.

Le dinamiche politiche e mafiose dietro il summit

L’incontro fu fortemente voluto dalla famiglia dei De Stefano, che, all’epoca, dominava la scena mafiosa di Reggio Calabria. La questione fondamentale sul tavolo era la questione del capoluogo di Regione. Dopo il trasferimento degli uffici regionali da Catanzaro a Reggio Calabria, città sotto il controllo dei De Stefano, la ‘ndrangheta aveva consolidato il suo potere economico e politico. La prospettiva di un ritorno di Catanzaro a capitale regionale avrebbe messo in pericolo questa posizione privilegiata, motivo per cui i boss mafiosi temevano la conseguente perdita di controllo sugli affari.

Per fare fronte a questo possibile cambiamento politico, i De Stefano e le cosche alleate si unirono a esponenti di destra eversiva, tra cui Junio Valerio Borghese – fondatore del Fronte Nazionale – oltre a Stefano Delle Chiaie e Pierluigi Concutelli. Questo gruppo di estrema destra, legati a formazioni come Avanguardia Nazionale e Ordine Nuovo, si erano già distinti per i loro legami con il terrorismo nero e l’eversione contro lo Stato. Durante il summit, che si svolse il giorno dopo il previsto comizio di Borghese a Reggio Calabria (comizio che fu poi interrotto dalla questura per ragioni di ordine pubblico) uno degli argomenti discussi fu proprio la necessità di allearsi con questi gruppi politici per rafforzare la posizione della ‘ndrangheta contro eventuali avversità politiche.

Oltre alla questione del capoluogo, si trattò anche il tema dei sequestri di persona, tra le cosche della Piana di Gioia Tauro e quelle di San Luca, e il crescente bisogno di un appoggio politico in vista delle elezioni. Fu deciso che la ‘ndrangheta avrebbe appoggiato la Democrazia Cristiana, creando un legame strategico con il potere istituzionale per rafforzare la propria posizione.

L’operazione della polizia e il blitz

Il summit di Montalto fu però scoperto grazie a un’operazione della polizia, che mise in atto un accurato accerchiamento. Il commissario Alberto Sabatino, su ordine del Questore Emilio Santillo, organizzò un intervento con 24 uomini. Tuttavia, nonostante la sorveglianza, l’incontro si svolse in segreto e con il massimo riserbo. Durante la riunione, che si tenne all’interno di una radura isolata, furono discusse anche altre questioni rilevanti come il trasferimento della riunione annuale di Polsi in un’altra zona dell’Aspromonte e l’aumento della lotta contro le forze dell’ordine, che stavano intensificando le operazioni di “confino” contro i mafiosi.

Al centro della discussione vi fu la necessità di alleanze forti, in particolare con l’estrema destra e con le forze politiche, per consolidare e difendere il potere delle cosche. Giuseppe Zappia, uno dei boss presenti, dichiarò in modo chiaro che non c’era spazio per divisioni all’interno della ‘ndrangheta, invitando tutti a unirsi per sostenere i De Stefano e l’ordine stabilito. Le parole di Zappia – «Qui non c’è ‘ndrangheta di Mico Tripodo, non c’è ‘ndrangheta di ‘Ntoni Macrì, non c’è ‘ndrangheta di Peppe Nirta: si dev’essere tutti uniti. Chi vuole stare sta e chi non vuole se ne va» – riflettono la centralità della coesione interna per raggiungere gli obiettivi comuni.

I partecipanti al summit e le alleanze

Alla riunione parteciparono oltre 170 affiliati della ‘ndrangheta, tra cui capibastone, caposocietà e altri membri di spicco delle cosche di Reggio Calabria, Gioia Tauro, San Luca e altre aree dell’Aspromonte. Tra i partecipanti, oltre ai già citati Zappia, Concutelli e Delle Chiaie, ci furono anche personaggi noti come Giovanni De Stefano, Antonio Molè, Giuseppe Nirta e Domenico Tripodo, insieme a tanti altri esponenti della criminalità organizzata calabrese. I legami tra le famiglie mafiose e il mondo della politica e del terrorismo erano ormai saldamente intrecciati, come confermato dalle testimonianze successive, tra tutte quelle di Stefano Carmelo Serpa e di Giacomo Ubaldo Lauro.

Serpa, uno dei pentiti che ha raccontato degli eventi, ha confermato che la ‘ndrangheta, in particolare quella dei De Stefano, aveva rapporti privilegiati con politici, tra cui esponenti della Democrazia Cristiana, e con i servizi segreti deviati. I De Stefano, come altri capi mafia, si erano infiltrati nel tessuto politico, utilizzando i loro contatti per ottenere vantaggi economici e politici. La protezione di Franco Freda, l’ex terrorista di Ordine Nuovo, è solo uno degli esempi di come le cosche mafiose operassero in stretto contatto con gli estremisti di destra, creando un vero e proprio sistema di alleanze per rafforzare la propria posizione e le proprie risorse.

L’esito e il processo

L’operazione che portò alla scoperta del summit di Montalto non fu sufficiente per fermare completamente le dinamiche mafiose. Nonostante l’arresto di diversi membri e l’avvio di un processo, il sistema di alleanze mafiose e politiche riuscì a resistere. Il processo che scaturì dall’inchiesta portò in giudizio 72 imputati accusati di reati come porto d’armi abusivo, associazione a delinquere e altre accuse legate alla gestione delle attività illecite. Tuttavia, il processo d’appello, conclusosi nel 1979, portò all’assoluzione di alcuni dei principali accusati, tra cui Antonio Macrì, Giuseppe Nirta e Domenico Tripodo.

Le testimonianze di Serpa e degli altri pentiti hanno rivelato la profondità della connessione tra la ‘ndrangheta, la politica e i servizi segreti deviati, confermando che il summit di Montalto non fu solo un incontro tra mafiosi, ma un vero e proprio vertice politico-criminale con impatti diretti sulla gestione del potere in Calabria e, per estensione, sull’Italia intera.

Il summit di Montalto non è solo un capitolo oscuro della storia della ‘ndrangheta, ma anche un esempio emblematico delle infiltrazioni mafiose nel sistema politico e istituzionale del paese. Le alleanze tra mafia, politica e estremismo hanno permesso a gruppi criminali come la ‘ndrangheta di esercitare un’influenza significativa sulla vita politica ed economica della Calabria, e non solo, facendo sentire la loro presenza anche a livello nazionale. La documentazione delle indagini, insieme alle testimonianze dei collaboratori di giustizia, ha svelato un intreccio complesso e pericoloso che ha segnato profondamente la storia della criminalità organizzata in Italia.

Esame Stefano Carmelo Serpa
Esame Stefano Carmelo Serpa

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