Il 14 settembre 2024, il pubblico ministero (PM) Geri Ferrara ha chiesto una condanna a sei anni per Matteo Salvini, ex ministro dell’Interno, accusato di sequestro di persona e abuso d’ufficio. Ferrara ha sostenuto che Salvini, nel bloccare lo sbarco di 147 migranti soccorsi dalla nave Open Arms nell’agosto del 2019, abbia agito con “totale spregio delle regole”, violando i diritti fondamentali dei migranti. Secondo il PM, le convenzioni internazionali impongono il soccorso in mare e il trasferimento in un porto sicuro, indipendentemente dalla condizione legale delle persone a bordo. Il rilascio di un porto sicuro, ha affermato Ferrara, è un atto amministrativo e non politico, quindi non può essere soggetto a decisioni discrezionali da parte di un ministro. Nessuno dei testimoni, ha sottolineato il PM, ha confermato la presenza di criminali o terroristi tra i migranti, come inizialmente sostenuto dalla difesa di Salvini.
Il contesto del caso Open Arms
Per comprendere l’importanza di questa requisitoria, è necessario tornare indietro al 2019, quando si è verificata la vicenda che ha portato Salvini sul banco degli imputati. Nell’estate di quell’anno, la nave della ONG spagnola Open Arms aveva soccorso 147 migranti nel Mediterraneo centrale, una rotta spesso battuta dai trafficanti di esseri umani per trasportare persone disperate verso l’Europa. Le convenzioni internazionali, in particolare la Convenzione di Amburgo del 1979, prevedono che i migranti soccorsi in mare debbano essere trasferiti nel porto sicuro più vicino. Tuttavia, Matteo Salvini, in quel momento ministro dell’Interno del governo Conte I, ha negato l’autorizzazione allo sbarco, sostenendo che l’Italia non potesse continuare a farsi carico da sola della gestione dei flussi migratori senza una redistribuzione equa tra i paesi europei.
Il blocco della nave e la crisi a bordo
Il rifiuto di Salvini ha provocato una situazione di stallo che si è protratta per 19 giorni, durante i quali la nave è rimasta bloccata al largo delle coste italiane, mentre il governo italiano cercava un accordo con gli altri paesi europei per la redistribuzione dei migranti. Nel frattempo, a bordo della Open Arms le condizioni si sono rapidamente deteriorate. Gli operatori della ONG hanno lanciato ripetuti allarmi sulla situazione critica dei migranti, molti dei quali erano minori non accompagnati e persone in stato di sofferenza fisica e psicologica. Le autorità sanitarie italiane, dopo aver ispezionato la nave, hanno confermato che vi era una emergenza medica a bordo, rendendo necessario un intervento immediato.
L’intervento della magistratura e lo sbarco
Di fronte al peggioramento delle condizioni a bordo e all’impossibilità di raggiungere un accordo politico, la magistratura di Agrigento ha deciso di intervenire. Il procuratore Luigi Patronaggio ha disposto il sequestro della nave e lo sbarco immediato dei migranti nel porto di Lampedusa, dichiarando che non era più possibile attendere ulteriormente. La decisione del procuratore si basava sull’urgenza della situazione umanitaria a bordo e sulla necessità di garantire il rispetto delle convenzioni internazionali sul soccorso in mare.
Le accuse contro Salvini e l’inizio del processo
Poco dopo lo sbarco, Salvini è stato formalmente accusato di sequestro di persona, con l’ipotesi che il suo rifiuto di autorizzare lo sbarco dei migranti abbia violato il diritto alla libertà personale di queste persone, un diritto garantito anche a chi si trova in situazioni di irregolarità. Il processo è iniziato nell’ottobre del 2020, con grande attenzione mediatica e politica. La difesa di Salvini, guidata dall’avvocato Giulia Bongiorno, ha sostenuto che l’allora ministro dell’Interno stesse semplicemente attuando una politica condivisa dal governo, volta a difendere i confini italiani e a sollecitare una maggiore solidarietà europea nella gestione dei migranti. Salvini ha più volte ribadito che le sue azioni erano motivate dalla volontà di proteggere l’Italia dall’immigrazione illegale, invocando l’articolo 52 della Costituzione italiana, che definisce la difesa della patria come un dovere sacro per tutti i cittadini.
Le testimonianze chiave durante il dibattimento
Tuttavia, durante il processo, questa linea difensiva è stata messa in dubbio da diverse testimonianze. In particolare, l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, in carica durante i fatti, ha smentito la tesi secondo cui il blocco della nave fosse frutto di una decisione politica condivisa. Conte ha dichiarato che non vi era stata una volontà politica unitaria nel governo per mantenere i migranti bloccati sulla nave per un periodo così prolungato, separandosi quindi dalle scelte di Salvini.
Altre testimonianze, provenienti dagli operatori sanitari che erano saliti a bordo della Open Arms, hanno confermato la gravità della situazione dei migranti. Le immagini e i video presentati in aula mostravano chiaramente lo stato di sofferenza fisica e psicologica dei migranti, molti dei quali apparivano in condizioni disperate. Le testimonianze dei migranti stessi e degli operatori a bordo hanno descritto una situazione di emergenza, con alcuni migranti che minacciavano atti di autolesionismo, aggravata dall’incertezza sul loro futuro e dalla lunga attesa sotto il caldo torrido del Mediterraneo.
Il dibattito tra difesa e accusa
Nel corso del processo, la difesa ha cercato di far leva sulla questione della sicurezza nazionale e sul dovere del governo di proteggere i confini italiani dall’immigrazione irregolare. Salvini ha ripetutamente affermato che stava semplicemente facendo il suo dovere come ministro dell’Interno e che la sua priorità era garantire la sicurezza dei cittadini italiani. La difesa ha inoltre sottolineato che l’Italia aveva già accolto un numero considerevole di migranti e che era necessario un intervento europeo per alleggerire il peso della gestione degli arrivi.
Dall’altra parte, l’accusa ha posto l’accento sulla violazione dei diritti umani fondamentali dei migranti. Il PM Ferrara ha evidenziato come le convenzioni internazionali, in particolare la Convenzione di Ginevra e la Convenzione SOLAS (Safety of Life at Sea), obblighino i paesi a soccorrere le persone in mare e a garantirne lo sbarco in un luogo sicuro. Ferrara ha sottolineato che il diritto alla libertà personale non può essere sospeso arbitrariamente e che Salvini, bloccando lo sbarco, ha violato i diritti di persone che erano già in una situazione di vulnerabilità estrema.
La requisitoria del PM e il futuro del processo
Durante la sua requisitoria, il PM ha ribadito che le azioni di Salvini costituivano un abuso del suo potere ministeriale e che i diritti umani dei migranti dovevano prevalere su ogni altra considerazione. La richiesta di condanna a sei anni di reclusione riflette la gravità delle accuse, che vedono Salvini imputato non solo per il sequestro di persona, ma anche per aver agito in modo deliberato e arbitrario senza un reale supporto politico o legale per le sue decisioni.
Le reazioni politiche
La vicenda ha generato un intenso dibattito politico. Giorgia Meloni, attuale presidente del Consiglio, ha espresso il suo pieno sostegno a Salvini, affermando che il processo rappresenta un pericoloso precedente per chiunque voglia difendere i confini nazionali. Anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha criticato la richiesta della procura, definendola eccessiva e irragionevole. Al contrario, leader dell’opposizione come Elly Schlein del Partito Democratico hanno sottolineato l’importanza della separazione dei poteri tra esecutivo e giudiziario, criticando il coinvolgimento politico nel caso.
Conclusioni
Il caso Open Arms ha rappresentato un banco di prova cruciale per il dibattito sull’immigrazione e i diritti umani in Italia. Il processo contro Salvini non riguarda solo la sua persona, ma solleva questioni più ampie sul ruolo dello Stato nella gestione dei flussi migratori, sul rispetto delle convenzioni internazionali e sulla responsabilità politica di fronte alle emergenze umanitarie. Il verdetto finale avrà