Il Caso Osama Almasri

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Osama Elmasry Njeem, noto anche come Osama Almasri, è un generale libico che, secondo le accuse della Corte Penale Internazionale (CPI), avrebbe diretto strutture carcerarie a Tripoli dove migliaia di persone sarebbero state detenute illegalmente e sottoposte a gravi abusi. Il mandato d’arresto nei suoi confronti, emesso il 18 gennaio 2025 dalla Prima Camera Preliminare della CPI, lo accusa di crimini di guerra e contro l’umanità commessi a partire dal febbraio 2015 presso la prigione di Mitiga.

Tra i crimini imputatigli figurano: torture, stupri, violenze sessuali, omicidi, trattamenti crudeli e persecuzioni, oltre alla detenzione arbitraria di individui per motivi religiosi, come essere cristiani o atei, per presunte violazioni dell’ideologia religiosa imposta dalle forze speciali RADA (anche note come Special Deterrence Forces, SDF/RADA), o per il loro orientamento sessuale e comportamenti ritenuti “immorali”, a partire dal 2015 fino al 2024. La CPI sostiene che Almasri avrebbe personalmente commesso questi crimini, oppure li avrebbe ordinati o facilitati attraverso i membri delle forze RADA, a lui subordinate.

Il mandato si basa sulle violazioni specifiche del diritto internazionale stabilite nello Statuto di Roma: crimini di guerra come oltraggi alla dignità personale, trattamenti crudeli, torture, stupri e omicidi, oltre ai crimini contro l’umanità, inclusi persecuzione, tortura, omicidi, violenze sessuali e detenzione arbitraria.

Il Ruolo della CPI e il Coinvolgimento Italiano

Lo stesso 18 gennaio, la CPI ha trasmesso la richiesta di arresto di Almasri a sei Stati parte dello Statuto di Roma, tra cui l’Italia, attraverso canali diplomatici predefiniti (vale la pena di ricordare che prima di recarsi in Italia, Almasri era stato in Inghilterra, Belgio e Germania). La richiesta è stata accompagnata da consultazioni preventive e informazioni in tempo reale sui suoi movimenti all’interno dello spazio Schengen. Parallelamente, la Corte ha chiesto all’Interpol di emettere una Red Notice per agevolare l’arresto.

Il sospetto è stato individuato a Torino il 19 gennaio 2025, dove aveva assistito alla partita Juventus-Milan, essendo Almasri tifoso bianconero, giocata il 18 gennaio all’Allianz Stadium. Le autorità italiane, avendolo individuato durante un controllo, lo hanno arrestato mentre si trovava nella sua stanza all’Holiday Inn di Torino e trattenuto in custodia in attesa delle procedure legali necessarie per la sua consegna alla CPI.

Durante questa fase, la CPI, nel rispetto delle autorità italiane, ha scelto di non divulgare pubblicamente informazioni sull’arresto, pur continuando a collaborare per garantire il rispetto delle norme del diritto internazionale. La Corte ha inoltre ricordato all’Italia il dovere di consultare tempestivamente la CPI in caso di ostacoli all’esecuzione della richiesta.

La Scarcerazione di Almasri

Ma questo non è avvenuto, anzi, il 21 gennaio 2025 Almasri è stato scarcerato e accompagnato comodamente a casa sua in Libia su un aereo Falcon 900 della Presidenza del Consiglio dei Ministri – su un volo di Stato, per intenderci. Tutto questo senza preavviso né consultazione con la CPI.

Il rilascio di Osama Almasri trova la sua giustificazione giuridica nell’ordinanza emessa dai giudici della Corte d’Appello di Roma, basata su un’interpretazione rigorosa della legge n. 237 del 2012, che regola la cooperazione tra l’Italia e la Corte Penale Internazionale (CPI).

Secondo i giudici, questa normativa prevede che solo il Ministro della Giustizia abbia la competenza per avviare procedure relative all’arresto di individui oggetto di un mandato della CPI. L’arresto di Almasri, effettuato autonomamente dalla polizia sulla base di una Red Notice emessa dall’Interpol, è stato quindi considerato “irrituale” senza l’intervento del ministro Carlo Nordio a sostegno, e non conforme alla legge speciale, che, secondo i magistrati, costituisce una disciplina completa ed esaustiva.

Ma come mai il Ministro della Giustizia non è intervenuto? Beh, evidentemente il torturatore Almasri è stato considerato un prezioso alleato e non un pericoloso criminale.

Le Conseguenze Internazionali

La scarcerazione di Almasri ha suscitato una forte reazione da parte della CPI, che ha chiesto chiarimenti urgenti al governo italiano, sottolineando il dovere degli Stati parte di cooperare pienamente con la Corte nell’indagine e nella persecuzione di crimini di tale gravità.

La CPI ha inoltre richiamato l’attenzione sul fatto che la situazione in Libia è sotto la sua giurisdizione dal 2011, quando il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha deferito il caso alla Corte tramite la risoluzione 1970. Oltre ad Almasri, altri sette mandati d’arresto della CPI relativi alla Libia restano ancora pendenti.

Le Reazioni alla Liberazione di Almasri: Polemiche e Accuse

La liberazione del generale libico Osama Almasri ha innescato un’ondata di polemiche che coinvolge governo, magistratura e comunità internazionale. Non usa mezzi termini l’Associazione Nazionale Magistrati (ANM), che ha accusato il Ministro della Giustizia Carlo Nordio di “inerzia” nella gestione del caso.

Secondo l’ANM, il Guardasigilli era stato prontamente informato dell’arresto il 19 gennaio dalla polizia giudiziaria e, successivamente, il 20 gennaio dalla Corte d’Appello di Roma, ma non ha intrapreso alcuna azione per richiedere la custodia cautelare necessaria per il trasferimento di Almasri alla Corte Penale Internazionale (CPI).

La premier Giorgia Meloni ha invece attribuito la responsabilità della scarcerazione ai giudici, dichiarando che non si è trattato di una scelta dell’esecutivo. Tuttavia, l’ANM insiste sul fatto che la decisione sia stata essenzialmente politica, derivante dal “silenzio del Guardasigilli”, unico titolato a intervenire in materia.

Intanto, la CPI ha espresso il proprio sdegno per la mancata consultazione prima della scarcerazione, ricordando che Almasri è accusato di crimini contro l’umanità e crimini di guerra, tra cui torture, stupri e omicidi avvenuti nella prigione di Mitiga. La vicenda continua a dividere il dibattito pubblico, con il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi che ha giustificato il rimpatrio del generale come una misura dettata da “urgenti ragioni di sicurezza”, dovuta alla pericolosità dell’individuo, come se dal carcere questo potesse rappresentare un pericolo per l’Italia e le sue istituzioni.

La comunicazione di iscrizione nel registro degli indagati

Il 28 gennaio 2025, la procura di Roma, nella persona del PM Francesco Lo Voi, ha inviato una comunicazione di iscrizione nel registro degli indagati (e non un avviso di garanzia, come dichiarato da più testate giornalistiche, nonché dalla Premier stessa) alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ai ministri Carlo Nordio (Giustizia), Matteo Piantedosi (Interni) e al sottosegretario Alfredo Mantovano, nell’ambito di un’indagine per favoreggiamento e peculato legata alla scarcerazione e al rimpatrio in Libia del comandante libico Almasri. L’atto, obbligatorio per legge (art. 6 della legge 1/89), segue un esposto dell’avvocato Luigi Li Gotti.

La Premier Giorgia Meloni ha denunciato l’iniziativa come un tentativo di intimidazione, collegandola alla riforma della giustizia proposta dal governo. La maggioranza di centrodestra, con Salvini e Tajani, ha criticato duramente la magistratura, definendo l’atto una “vergogna” e una reazione politica.

L’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) ha precisato che si tratta di un “atto dovuto”, privo di connotazioni accusatorie, finalizzato a permettere agli interessati di presentare memorie al Tribunale dei Ministri. L’ANM ha sottolineato il fraintendimento politico della procedura, ribadendo la natura puramente formale della comunicazione.

Osama Almasri arriva in Libia
Almasri che scende dal Falcon italiano

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