Il Movimento d’Azione Rivoluzionaria (MAR), fondato nel 1962 da Carlo Fumagalli e Gaetano Orlando, è un’organizzazione che ha lasciato un’impronta controversa nella storia politica italiana. Contrariamente alla narrazione che lo associa ai gruppi neo-fascisti, il MAR si posizionava su linee rigidamente atlantiche e anticomuniste, sostenendo una svolta presidenzialista per garantire un governo forte all’Italia. Il movimento si inserì in un contesto di tensione politica, legato a una serie di episodi che ne hanno definito l’attività eversiva, pur mascherata da un intento “difensivo”.
Le Origini e l’Ideologia del MAR
Carlo Fumagalli, che si autodefiniva un “estremista di centro”, e Gaetano Orlando, ex sindaco socialdemocratico della Valtellina, fondarono il MAR per contrastare le derive progressiste dei governi di centro-sinistra. Il movimento, inizialmente autonomo, strinse in seguito un’alleanza con le Squadre d’Azione Mussolini (SAM), unendo forze atlantiche oltranziste e gruppi neo-fascisti. Questa alleanza segnò una svolta cruciale nella nascita della strategia della tensione.
L’equivoco che accomuna il MAR ai gruppi neo-fascisti è stato alimentato da questa fusione. Tuttavia, il MAR si distingueva per la sua natura filoatlantica più marcata rispetto ad altri gruppi eversivi come Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale. La testimonianza di Orlando ha sottolineato che, nel suo primo periodo, il MAR operava principalmente in una veste di deterrenza militare, partecipando a riunioni con ufficiali dell’esercito e della NATO.
Gli Episodi Cruciali: Dall’Arresto di Fumagalli alla Morte di Esposti
Il MAR raggiunse l’apice delle sue attività tra il 1970 e il 1974, con operazioni prevalentemente concentrate in Lombardia. Il 30 maggio 1974, appena due giorni dopo la strage di piazza della Loggia a Brescia, un episodio segnante avvenne a Pian del Rascino, dove una pattuglia dei carabinieri scoprì un gruppo accampato. Nel conflitto a fuoco che ne seguì, morì Giancarlo Esposti, un esponente di Avanguardia Nazionale vicino al MAR, già condannato per attentati organizzati dalle SAM. Esposti aveva lasciato Milano temendo un tradimento da parte dei carabinieri, segnalando un intreccio tra ufficiali dell’Arma e le attività del MAR.
Venti giorni prima della strage di Brescia, Carlo Fumagalli fu arrestato con undici complici mentre trasportava un arsenale impressionante: esplosivi, armi, targhe e documenti falsi, e tende insonorizzate usate per sequestri. Malgrado la gravità delle accuse, Fumagalli era riuscito a eludere conseguenze legali significative grazie a complicità istituzionali.
Le Complicità Istituzionali e il “Doppio Stato”
Le indagini giudiziarie evidenziarono legami inquietanti tra il MAR e alti ufficiali dei carabinieri, tra cui membri della Divisione Pastrengo di Milano, che rifornivano il gruppo di armi e garantivano protezione. Secondo Orlando, ufficiali italiani e americani parteciparono a riunioni con esponenti del MAR per pianificare un mutamento istituzionale in chiave anticomunista. Armi venivano consegnate sotto la supervisione di militari, anche presso caserme dei carabinieri in Valtellina.
La figura di Carlo Fumagalli emerge come emblematica di un sistema di relazioni occulte. Decorato per la sua attività nella Resistenza con i “partigiani bianchi”, aveva successivamente collaborato con l’OSS e la CIA, operando anche in Yemen. Le sue dichiarazioni dopo l’arresto – «Mi pagano anche per stare in carcere» – lasciano intendere un coinvolgimento più ampio in reti parallele di potere.
La Strategia della Tensione e il Ruolo del MAR
Gli attentati ai tralicci ENEL in Valtellina, riconducibili al MAR, facevano parte di un disegno più vasto per destabilizzare il paese e favorire una svolta autoritaria. Queste azioni si inserivano nella cosiddetta “Rosa dei Venti”, un progetto che coinvolgeva militari e civili per prevenire un’avanzata della sinistra. Testimonianze, come quella di Edgardo Bonazzi, hanno confermato che il MAR riceveva armi anche dal mercato nero, con la complicità di ufficiali dei carabinieri.
Le dichiarazioni del giudice istruttore Guido Salvini sintetizzano il contesto in cui il MAR operava: un “doppio Stato” in cui civili, militari italiani e americani collaboravano per mantenere l’Italia nell’orbita atlantica, limitandone la sovranità.
La storia del MAR rappresenta un capitolo oscuro della politica italiana degli anni ’70, caratterizzato da intrecci tra eversivi, istituzioni e potenze straniere. Il suo ruolo nella strategia della tensione, le complicità istituzionali e la partecipazione a progetti golpisti gettano una luce inquietante su un periodo di profonda instabilità. Più che un semplice gruppo armato, il MAR incarnava un tassello di un disegno geopolitico più ampio, radicato nelle dinamiche della Guerra Fredda.